— Nathan

Politecnico addio: Como diventa periferia di Milano

Politecnico ultimo atto, l’addio è ufficiale” scrivono i media ed è il regalo di Natale più amaro che potesse arrivare per #Como.

Subito viene il magone se pensi che hai passato una bella parte della tua vita lì: prima come studente (animatore dell’associazione, rappresentante degli studenti), poi come docente, poi come persona che in politica aveva uno degli obiettivi principali nel mantenere il Politecnico a Como: una tremenda sconfitta.
I pensieri volano alle occasioni mancate dalla classe dirigente locale, prima ai 20 anni del centrodestra poi ai 5 anni del centrosinistra e di nuovo alla destra inconcludente. Il centrodestra non è riuscito a dare senso compiuto alla presenza delle Università a Como: avrebbe potuto ristrutturare il “Corpo C” della Ticosa come è stato fatto per ComoNext di Lomazzo, avrebbe potuto metter piede al San Martino con la permuta di Villa Chiara e Villa Silvia che è mancata durante la seconda giunta Botta.

Ma ancora di più il rammarico è per il centrosinistra che è partito bene andando ad affermare nel PGT che il San Martino dovesse avere destinazione urbanistica di tipo universitario ed è finito male non avendo puntato fino in fondo sul progetto del “Campus” in occasione del bando di Fondazione Cariplo, preferendo per ragioni di bottega il piccolo cabotaggio del restauro di Villa Olmo. Già perché lì eri impegnato in prima persona, prima dentro UniverComo, poi nella Fondazione Volta ma non sei riuscito ad invertire la rotta.

L’offesa di questa notizia va a tutti quelli che hanno lavorato per portare e consolidare il Politecnico a Como. Offende Alfredo Dupasquier che arrivò nell’autunno del 1989 alla prima lezione di fisica dei corsi di laurea in aula magna con una magnum di champagne per festeggiare l’avvio di un’avventura partita due anni prima con la “Scuola a fini speciali in informatica gestionale”. Offende Pieluigi della Vigna che si è impegnato come nessun altro: fece diventare il Rettore del Politecnico “Magnifico” quando a Como si aprì la terza facoltà; ideò la strategia del “Politecnico rete”, fondando il primo “Polo territoriale” a Como; poi avviò a Como il primo corso di laurea online del paese; infine negli ultimi anni portò a compimento la ristrutturazione della “Presentazione” per farne un grande collegio al servizio degli studenti del Politecnico. Offende Roberto Negrini che ideò la strategia dell’internazionalizzazione ospitando tutti gli studenti del Politecnico a Como prima di cominciare i corsi nelle rispettive sedi; portò a Como il laboratorio L-NESS, importante tassello di studio sulla fisica del materiali strappandolo a Zurigo; costituì il primo “incubatore” con il concorso “Fare impresa a Como”, embrione di quello che sarebbe diventato in futuro ComoNext. Offende Fernando Sansò che si impegnò per costruire, primo in Italia, un corso di laurea in Ingegneria Ambientale con la collaborazione dell’ordine dei geometri. Offende Giovanni Azzone che portò ingegneria gestionale a Como sviluppando l’orientamento tessile e il diploma universitario con orientamento legno-arredo come “servizio” al territorio. Offende Arturo dell’Acqua Bellavitis che aprì a Como Design dell’Arredo e Design del Tessile poco dopo la nascita della Facoltà di Design. Offende Fabio Salice che “inventò” l’orientamento dedicato al suono di Ingegneria informatica e poi sviluppò il progetto di diventare un centro di servizio per le “smart cities” che avrebbe potuto trovare a Como un ideale campo di prova nella città. Offende Maria Brovelli che tentò negli ultimi anni di assicurare la presenza del Politecnico esplorando la “terza fase” che avrebbe potuto essere la definitiva stabilità della ristrutturazione dell’ex OPP del San Martino.


Soprattutto rimane impressionante il divario che separa la nostra città da quelle limitrofe nello sviluppo della propria offerta universitaria. Sì perché a Lecco non sono stati a guardare, hanno ristrutturato l’ex ospedale in centro oltre ad impiantare un centro di ricerca del CNR; perché a Cremona hanno sfruttato la sinergia di fondi privati per sviluppare il tema del suono con un museo e corsi di laurea dedicati, perché a Varese hanno realizzato il proprio campus in località Bizzozzero, perché in Ticino USI e SUPSI stanno oramai pensando alla realizzazione del terzo campus mentre a Como non siamo riusciti nemmeno a far partire il campus scientifico al San Martino dopo quello umanistico a Sant’Abbondio.
Sta tutto lì il punto decisivo di un epilogo che si poteva evitare. Questa comunità per piccinerie, per piccoli calcoli politici, per piccoli calcoli economici, non è stata in grado di lavorare per un grande obiettivo comune e cogliere tre piccioni con una fava: il Politecnico al San Martino avrebbe significato un progetto di sviluppo della città con una sede definitiva; la “soluzione” di un brano di città col restauro dello splendido ex OPP portando via la collina alla speculazione sempre in agguato; infine un parco pubblico finalmente aperto alla cittadinanza.

Ma questa città è stata in grado anche di dire no al piano successivo del Politecnico che immaginava altre soluzioni per restare a Como. La ciliegina è arrivata con l’ultima amministrazione totalmente inconcludente, impegnata a scacciare qualche immigrato piuttosto che a pensare al futuro di Como.
E allora aveva ragione il prefetto, appena insediato, che in un fatidico “Tavolo della competitività” disse: “ma davvero noi stiamo decidendo se far partire un piano di sviluppo della città o restaurare una villa?” Abbiamo deciso di restaurare una villa, confermando la fama di città delle occasioni perdute, gettando al vento uno dei più importanti fattori di sviluppo culturale, sociale, scientifico, economico della città e decidendo, forse definitivamente, di diventare una periferia di Milano.

P.S. per chi avesse voglia di amarcord e di scoprire tutto quello che è successo col Politecnico a Como è disponibile la pagina di festeggiamento dei 25 anni con una “narrazione multimediale” dedicata.

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